AIAS, RIPRENDETE LA MISSIONE, RISPETTO PER LAVORATORI E PAZIENTI

Sento di doverlo dire senza mezze misure: non distruggete una straordinaria missione di assistenza per persone deboli e spesso senza nessuno!

Senza l'Aias migliaia di persone deboli e indifese sarebbero lasciate sole, senza speranza. Migliaia di famiglie sarebbero scaraventate di punto in bianco nella gogna di un'assistenza impossibile.

Sanità e assistenza che il pubblico non è mai riuscito ad organizzare e che ha affidato da sempre ad associazione esterne.

Non sono qui per giudicare se questo sia un bene o un male. Posso semplicemente dire che oggi senza l'Aias, senza quelle migliaia di assistenti con grande esperienza e professionalità, la Sardegna dei più deboli sarebbe in ginocchio.

Non vi è alternativa alcuna. E qualsiasi decisione non potrà in alcun modo prescindere da quelle professionalità e da quel tipo di patologie.

Lo voglio dire pubblicamente agli eredi della grande missione assistenziale che Bruno Randazzo avviò in Sardegna nel lontano 1967. Lo voglio dire senza mezzi termini alla regione dei ritardi, dei silenzi, delle gravi responsabilità nella gestione della sanità pubblica.

Non distruggete quel patrimonio di solidarietà e assistenza, salvaguardate una missione che merita rispetto e non atti impropri e insostenibili.

Se un lavoratore da nove mesi non viene pagato ha il diritto di protestare! Ha il diritto di urlare! I sindacati hanno il dovere di alzare la voce! Nel Sulcis i lavoratori e i sindacati c'hanno messo sempre la faccia e qualche volta la vita.

Licenziare per giusta causa per irriverenza sindacale è roba da Marchionne, roba da padroni. L'Aias non è un'azienda, è una missione. Sono due cose ben diverse.

Sapere di migliaia di dipendenti che dopo nove mesi senza stipendio continuano incessantemente a prestare la loro missione quotidiana non è roba da catena di montaggio. E' qualcosa di molto di più.

Certo in molti considerano l'Aias un impero, a volta economico a volte elettorale.

Ci sta tutto in questa società che ci circonda, ma non tutto ciò non deve far venire mai meno lo spirito dichiarato e primordiale dell'Aias sarda, aiutare i più deboli, gli emarginati, le donne e gli uomini rimasti soli e abbandonati nella loro drammatica disabilità.

In ogni contesto ci possono essere mele marce, e vanno perseguite, ma la storia dell'Aias, per chi la conosce da vicino, sa che è fondata su donne e uomini la cui missione va ben oltre lo stipendio, che è ormai un miraggio.

Non perdete altro tempo, riconquistate la missione.

Via quegli odiosi licenziamenti che non fanno onore e riprendete quel circuito virtuoso e fondamentale di assistenza.

La smetta la Regione di stare a guardare. Dismetta l'ignavia e agisca. Paghi il dovuto e paghi i lavoratori, applicando se necessario le procedure esecutive per superare tale situazione.

Non è tollerabile nessun ulteriore ritardo. La dignità dei lavoratori è la dignità dei pazienti.

Aver consentito che una struttura privata, che si occupa di un settore fondamentale dell'assistenza pubblica, restasse senza pagare gli stipendi per nove mesi non può essere responsabilità di una sola parte.

Un settore così delicato deve essere monitorato giorno per giorno, ora per ora. Non si può attendere che i lavoratori restino nove mesi senza stipendio.

Misurate le prestazioni a tempo debito, pagatele senza perdere tempo, per ciò che è dovuto.

Non stiamo parlando di catena di montaggio, ma di lavoratori/missionari. Stiamo parlando di donne e uomini che soffrono.E che non hanno altro, se non le loro famiglie, quando le hanno,e l'Aias.

Ho presentato un'interrogazione parlamentare stamane, ma confido più nella coscienza degli uomini e delle donne.

Licenziare chi da nove mesi non viene pagato, assistere a chi fa lo sciopero della fame, non è da paese civile.

La dignità e la coscienza devono guidare decisioni e scelte, urgenti e improcrastinabili.

Revocate i licenziamenti, la regione paghi il dovuto, l'Aias paghi i lavoratori. Riprendete la missione!