FLUORSID, I SILENZI DI 14 ANNI

Scrivo oggi, con qualche giorno di riflessione alle spalle.

Riflessione e amarezza. Guardo questa nostra terra violentata a destra e a manca, da padroni nuovi e consumati, da profittatori consunti a nuovi mercenari. Da Nord a Sud, passando per il cuore della Sardegna. Guardo il fiume di denaro che scorre per conquistare silenzio e favori, protezioni e prebende. Guardo le sponsorizzazioni, da quelle modeste a quelle milionarie, dei nuovi colonizzatori che conquistano il "circenses", per accaparrarsi prestigio e benevolenze.

Potremo gridare all'invasione, alla Sardegna sfruttata e devastata. Ma non lo facciamo. Accettiamo in silenzio, senza alcun cenno di ribellione. La politica e la cultura, potenziale faro della reazione, languono sotto il peso di qualche prebenda e di qualche posticino utile a foraggiare la vorace clientela elettorale.

Ci manca la libertà dal bisogno, è vero. Ma scarseggia come non mai l'amore per la nostra terra, la lungimiranza del Creato come fonte di vita, sviluppo e occupazione.

La vicenda Fluorsid è la punta, modesta e forse scontata, di questo sistema. Una rete di devastazioni con molte, troppe coperture!

Lo dico a ragion veduta, consapevole di quel che sostengo.

Certo, amareggiato. Forse scoraggiato da tanto torpore.

Più di una volta la grancassa del silenzio mi ha suggerito: chi te lo fa fare a denunciare a destra e a manca?

I poteri forti, mi dicono, comprano tutto e tutti. Eppure, ogni tanto, c'è un sussulto. Causale e, forse, tardivo, ma pur sempre un sussulto.

Della Fluorsid sapevo tutto. Come dell'Enichem, di Ottana, di Porto Torres, di Portovesme, di Sarroch.

Non sapevo per sentito dire. Sapevo per aver scritto. Per aver messo tutto nero su bianco. La storia dettagliata della violenza alla nostra terra. Lo avevo voluto a tutti i costi, nonostante mi dicessero: chi te lo fa fare. Volevo che ci fossero nomi e cognomi, luoghi e cause dell'inquinamento, i costi delle bonifiche, i progetti da presentare e le azioni da mettere in campo. Non un brogliaccio della mia vita privata, ma una delibera coraggiosa adottata nella mia breve ma pur sempre libera e determinata azione di governo.

A quel gentiluomo di Emilio Pani, assessore dell'ambiente della mia giunta, avevo chiesto di fare in fretta. Sapevo che i franchi tiratori erano in agguato. E sapevo che tutti quanti erano legati a filo doppio ai padroni delle discariche e degli inquinamenti. C'era una regia per farmi fuori, il prima possibile. E la decisione di cancellare le discariche dalle strategie ambientali della regione aveva già provocato sussulti non indifferenti nell'assetto di governo. La trasversalità di certi personaggi era evidente. Figuriamoci mettere nero su bianco i siti inquinati, individuare i colpevoli e chiederne conto.

E' aprile inoltrato quando la delibera arriva in giunta. Approvazione linee guida bonifica siti inquinati.

La mappa contiene ogni singolo dettaglio. Deve essere rilevato ogni rischio. Ogni criticità. Ogni pericolo per l'ambiente e l'uomo.

Tempi stretti per avere le risposte. E' una corsa contro il tempo. E contro i franchi tiratori. A luglio c'è la prima bozza, riguarda tra gli altri i poli chimici di Ottana, Porto Torres e Macchiareddu.

Ci sono nomi e cognomi. Disastri ambientali riscontrati e omessi. La mappa più dettagliata mai messa nero su bianco di quanto avessero devastato la Sardegna.

Nel capitolo Macchiareddu, è luglio 2003, c'è nero su bianco la Fluorsid, priorità assoluta, rischio 2 nella classifica nefasta degli inquinatori.

Ripeto luglio 2003! La mappa è chiara: rischio discarica!

Il 29 luglio del 2003 firmo a Palazzo Chigi l'accordo per le bonifiche dei poli industriali. Ci sono i lestofanti di Stato, Eni in testa. Non sono felici ma stanziano le risorse.

Torno in Sardegna e la sfiducia è pronta. L'ennesima. Lascio la Presidenza. Ma quei documenti sono nero su bianco. Diventano atti irrevocabili che per 14 anni sono finiti nel dimenticatoio di interessi e prebende.

14 anni dopo interviene la Procura.

E la politica, e non solo, resta in silenzio.

Del resto tre anni fa, novembre 2014, convoco una conferenza stampa per denunciare che si sta aprendo il carcere di Uta in una polveriera ambientale, con discariche a due passi dal carcere e sversamenti di ogni genere in tutta la zona.

L'ultimo mio grido verrà ignorato dai più.

Oggi rileggo il piano di bonifica dei siti inquinati redatto nel 2003, sotto la mia presidenza.

E concludo: serve una Direzione distrettuale antinquinamento per difendere la Sardegna, con i poteri della distrettuale antimafia.

La politica è incapace di difendere questa terra. Troppe collusioni, troppi interessi. Ammiccamenti da quattro soldi, in cambio di omertà e silenzi.

Occorre reagire, chi può.

Non ho, come allora, scheletri nell'armadio e pubblicherò ogni giorno che potrò quella pietra miliare del 2003, rimasta inascoltata e inattuata da governi collusi e silenti.

La Sardegna deve essere risarcita, dai disastri industriali di padroni del potere che se ne fregano della nostra terra, sino ai generali e i ministri che scagliano sulle nostre coste missili, bombe e sostanze radioattive.

Chi inquina e devasta la Sardegna deve pagare. E non solo.