PILI: IL PIANO DI UNIDOS PER RILANCIARE IL PORTO CANALE DI CAGLIARI

“Dal 2004 ad oggi – ha detto Pili, che nel 2002/2003 da Presidente della Regione aprì il porto canale con importanti accordi internazionali - non è stato fatto nessun concreto investimento ne pubblico e tantomeno privato facendo venir meno la flessibilità e l'efficienza dei processi portuali in cui il porto primeggiava, facendo venir meno le stesse opportunità di sviluppo offerte dai 900.000 mq disponibili per la crescita del terminal e di altre infrastrutture industriali e logistiche. Con la cancellazione delle due grandi rotte è venuto meno l’accesso ai principali mercati internazionali. Tutto questo sta avvenendo con un vergognoso silenzio della regione che prosegue nella più fallimentare gestione dei trasporti di sempre. In questo caso si aggiunge che tale situazione riguarda la tanto declamata insularità e centralità nel Mediterraneo. Questi incompetenti della Regione – ha detto Pili - non sono in grado nemmeno di tutelare l’esistente mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro continuando a distruggere con la propria negligenza tutti i punti di forza che potevano essere messi in campo per il rilancio della Sardegna”. “Per questa ragione è indispensabile ripatire dal piano di UNIDOS che presentai un anno fa. Ecco in sintesi i punti del piano:

1) inquadramento strategico del porto nel nuovo contesto mondiale affidando al porto canale una nuova mission articolata e strutturata per le nuove esigenze del transhipment nel Mediterraneo. La diversificazione dell'offerta, con gru grandi e medie, darebbe al porto maggiore elasticità operativa in grado di fronteggiare le evoluzioni strategiche del mercato;

2) adeguamento infrastrutturale del Porto canale alla nuova strategia con almeno 4 nuove gru, altezza 48 metri di movimentazione, costo 30/40 milioni, da affiancare alle esistenti, per gestire le nuove navi con capienza ciclopica, e nel contempo gestire anche il trasporto medio, sia ro-ro che feeder del Mediterraneo. Vanno recuperati i 20 milioni già stanziati, Stato e Regione devono farsi carico di una parte dell'investimento attraverso anche strumenti finanziari immediati che la stessa Sfirs può mettere in campo, e sviluppare sinergie finanziarie ed economiche con i privati chiamati alla gestione del porto;

3) creazione Zona economica speciale in tutta l'area portuale e retro portuale considerato che la concorrenzialità è fondamentale nei servizi e nei costi portuali piuttosto che in quelli doganali;

4) commissariamento straordinario in capo all'Autority per tutte le procedure autorizzative per i nuovi insediamenti interni al sedime portuale, garantendo agli operatori la tempestività immediata degli investimenti proposti. Se un imprenditore o un soggetto interessato vogliono investire devono avere risposte in 24 ore, per sconfiggere concorrenza internazionale;

5) individuazione di un soggetto internazionale che ambisca a riprendere in mano le sorti del porto terminal di Cagliari. La Contship, la cui determinazione iniziale sta venendo meno, deve rispettare i contratti di concessione. Quel milione di Teu, container, non sono un'aspirazione contrattuale, sono un obbligo. O si rispetta o si lascia spazio ad altri soggetti. In questa direzione le strade non sono molte: o si rinegozia con Hapag Lloyd garantendo le nuove infrastrutture e competitività economica e funzionale oppure si tratta direttamente con l'altro colosso potenzialmente interessato allo scenario: la China shipping in accordo con la Cosco.

6) predisposizione di un master plan del retro porto con bando internazionale per le concessioni areali funzionali alla gestione di tutta una serie di potenzialità attivabili, dalla cantieristica alla gestione di strutture di seconde e terze lavorazioni connesse all'attività portuale. Si tratta di metter mano ad area vaste e abbandonate che possono e devono essere, invece, supporto produttivo e logistico del porto;

7) politica controllata dei prezzi, garantendo e tutelando le produzioni sarde: non è pensabile che il marmo di Orosei debba passare da Massa Carrara per raggiungere la Cina solo perchè in quel porto le tariffe di collegamento sono più basse rispetto a quello di Cagliari;

8) salvaguardia e garanzie occupazionali, garantendo non solo la piena occupazione ma la continua formazione di tutto il personale al fine di fare della forza lavoro il vero valore aggiunto del Terminal;

“Serve una svolta – ha detto Pili. Questi 8 punti sono la base di partenza per guardare a scenari in piena evoluzione. Il piano strategico che avanzo è frutto di un confronto serrato con i massimi esperti mondiali. E' l'unico salvagente possibile. Bisogna fare in fretta e non si può sbagliare. Il mercato mondiale ha subito un grande sussulto con una bolla di offerta di stiva rispetto al potenziale carico. Le grandi società si sono dovute associare e diventare ancora più grandi. I due colossi cinesi, China shipping e Cosco, sono diventati China Cosco Shipping Corporation. E ora l'intesa potrebbe allargarsi alla CMA di Marsiglia. In questo scenario Cagliari può essere cancellato ma può anche diventare centrale e strategico. Serve una governance autorevole. Serve una strategia chiara e definita. Il mare è mosso, le rotte per salvare il Porto non sono molte. Bisogna percorrerle in tempi rapidi per mettere in salvo una grande infrastruttura, una prospettiva di sviluppo importante e 400 famiglie di professionisti che hanno investito nel futuro del porto con professionalità e sacrifici. Non è tempo di dilettanti e basso cabotaggio. Il Porto Canale – ha concluso Pili - si salva solo con grandi manager, orizzonti arditi e a lunga gittata. Prima che sia troppo tardi”.