L'epigrafe è chiara: 4 Juny terraemotus factus est 1616. 4 giugno 1616 terremoto a Cagliari.
E' scolpita a freddo in modo indelebile nel calcare della Sacrestia della Cattedrale di Cagliari.
Da quattrocento anni quell'iscrizione è lì a segnare per sempre quello che in molti tentano maldestramente di rimuovere: anche in Sardegna la terra si è pesantemente mossa.
Nel 1771, quando un'audace terremoto viene avvertito nuovamente nella Sardegna sud-orientale, una gazzetta fiorentina riporta l’iscrizione graffita del Duomo di Cagliari, seppur scambiando il sei con lo zero: “Caglieri 23 Agosto [1771]. […] Non si ha memoria nel Regno di simile avvenimento dopo il 4 di Giugno 1610: ricavandosi ciò da una iscrizione scolpita in questa Cattedrale che dice: 4 Junii terraemotus factus est 1610".
Dunque, terremoto vero. E secondo tutte le analisi messe in campo successivamente quel terremoto risulta molto più significativo di quanto si ritenesse finora.
A percepire in modo chiaro e indelebile l’evento principale fu tutta l'area cagliaritana: si verificò alle tre del pomeriggio del 4 giugno 1616, come riportato dalla testimonianza del priore di Selargius, dove il terremoto fu avvertito molto sensibilmente:
“[…] 1616, vuy alls 4 de juni 1616 di sa presente, aprés dinar a les 3 hores ha vingut un terramotu que batas, les cases parexian que ne caian y la terra tremulava de tal manera que les persones y totes les cases tremulavan […]”.
Lo stesso priore riferisce che un ulteriore terremoto fu avvertito a Selargius un anno dopo, alle cinque pomeridiane del 24 giugno 1617:
“[…] 1617. Vuy als 24 de juny die de Saint Juan y di sa presente del any 1617 a la cinch horas aprés dinar ha vingut altre terramotu de la matexa manera que està notat lo de damunt si be dura mes poch […]” [Cabizzosu et al., 2003].
E ci furono anche allora le gare d'appalto. Una di queste indetta nell’agosto del 1616 per la riparazione di otto torri costiere danneggiate dal terremoto del 4 giugno [Rassu, 2005; Vacca, 2011].
Oso rievocare questi drammatici fatti per confutare la tv e i mestieranti di regime che riproponendo gli eventi sismici di queste ultime devastanti giornate ribadiscono con assoluta certezza: Sardegna terra indenne dai terremoti.
Conosco troppo bene i registi occulti del sistema per non sapere che dietro quell'informazione abilmente manipolata vi è il loro continuo martellante obiettivo: realizzare in Sardegna il deposito unico di scorie nucleari.
E se in queste ore, per giustificare la nuova frontiera del terremoto si richiamano eventi sismici di 400 anni fa è fin troppo evidente che la teoria della Sardegna esente è campata per aria.
La regola della terra antisismica per realizzare il deposito delle scorie nucleari è, dunque, destituita di ogni fondamento, sul piano scientifico e lo è ancora di più su quello sostanziale.
Le scorie nucleari, del resto, sono allocate in tutte le regioni italiane, con la concentrazione maggiore nel nord ovest e al centro. Spostarle è demenziale, se non per il reale scopo di gestire miliardi di euro attraverso le lobby nucleariste, pronte a tutto pur di mettere le mani sul malloppo.
Mettetevi l'animo in pace.
In Sardegna il deposito delle scorie nucleari non si farà mai, vi sarà impedito con le buone o con le cattive maniere!
Toglietevelo dalla testa.
Pensare di speculare su questi eventi sismici per riproporre subdolamente l'isola è roba da trogloditi. Attendere il referendum per far marciare le scorie verso la Sardegna è strada improba e sbarrata.
Non sarà di certo nè la falsa teoria della terra non sismica, tantomeno quella della terra prona a subire, a collocare in Sardegna il deposito delle scorie nucleari.
Prima di tutto, ancor prima di sismicità e affari, c'è la sovranità popolare che lo impedirà.
Il 4 dicembre, referendum per senza ritorno, è l'ennesima data utile per ribadire con forza che non c'è sovranità nazionale che tenga, non esiste supremazia italiana alcuna che possa imporre in Sardegna il deposito delle scorie nucleari.
E a buon intenditor poche parole.
Io, per meglio sicurezza, voto No. Contro le imposizioni, gli imbrogli e le balle di Stato.