In un normale distributore h/24 di bevande mezzo litro d'acqua te lo porti a casa con 0,50 centesimi di euro. Un litro, un euro. Acqua. Così come la sorgente la produce, dentro una modesta bottiglietta di plastica.
In queste ore, nel silenzio più assoluto, si sta definendo il prezzo del prodotto principe della Sardegna: il latte di pecora.
Latte e fatica, 0.60 a litro. Prezzo uguale a quello di 35 anni fa. Nessuno dice niente. La voce passa di ovile in ovile, col silenzio di chi dovrebbe alzare la voce. La regione non esiste. Pigliaru è al museo delle cere, l'epigrafe è semplice: fu niente.
Da settimane la principale industria lattiero casearia della Sardegna è sotto attacco e il silenzio regna, con il bavaglio delle banche che ricattano tutto e tutti.
La notizia non deve trapelare, gli allevatori devono subire in silenzio il vortice generato dall'insipienza di Stato e Regione.
Il meccanismo è sintetizzabile: l'Agea, l'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, non paga il dovuto nei tempi previsti, le banche si avventano sugli allevatori che per pagare rate e investimenti già effettuati si indebitano. Strozzati dalle banche sono costretti a svendere il prodotto a quattro soldi pur di non finire nelle tramogge delle banche rapaci pronte a sbranare la povera preda.
Il risultato è raggiunto in questi giorni, senza una vera e propria trattativa. Del resto le rapine non si preannunciano. Prezzo fissato per un litro di latte di pecora oscilla tra 0,55/0,60 euro. Dunque fallimento assicurato!
La più florida e radicata azienda della Sardegna rischia il tracollo dinanzi alle speculazioni di banche e non solo, all'inettitudine della Regione che se ne guarda bene dal mettersi in gioco.
Nessuno strumento regolatore, nessun intervento anche pubblico possibile per calmierare l'aggressione di sciacalli di turno.
Quelle che succede nel settore trainante dell'agropastorizia è il risultato di politiche nefaste dello Stato e della Regione che non solo hanno abbandonato a se stesso il settore ma con la loro incapacità di spesa hanno per l'ennesima volta messo in ginocchio le aziende.
Agea non solo non ha pagato il dovuto ma ha accumulato ritardi insopportabili per qualsiasi azienda chiamata a fare investimenti strutturali importanti.
Quei ritardi, e molto spesso mancati pagamenti, hanno messo in ginocchio il sistema.
E ora le lobby si preparano all'assalto finale con il ministro dell'agricoltura che foraggia i tentativi maldestri di clonare il Pecorino con una sottospecie di prodotto (cacio romano) sponsorizzato dalla coldiretti del Lazio da mettere in concorrenza con il pecorino sardo.
Un colpo basso, senza precedenti. Un colpo letale e insopportabile per un settore già in ginocchio.
La Regione dorme, si limita a letterine da babbo natale. Nessuna iniziativa concreta. Nessun intervento con la Sfirs nel sistema più debole e più strategico della Sardegna.
E' ora di denunciare questi misfatti. Domani farò partire una segnalazione formale alla commissione europea su quanto sta avvenendo sul versante del pecorino. Sarà esposto legal, dettagliato e puntuale.
Lasciamo a Pigliaru i silenzi complici per non disturbare il compagno ministro che svende il pecorino romano, non paga gli allevatori sardi e pensa anche di clonarne il prodotto principe.
Cialtronerie di Stato e Regione da fermare, con le buone e, se necessario, con le cattive.