Ad alcuni tutto è concesso, ad altri tutto vietato
Le regole del Pd per l’urbanistica in Sardegna
Capita solo in Sardegna. Per anni i roboanti tromboni di partito hanno annunciato la svolta: sulle coste sarde non si può costruire più niente. Qualcuno aveva persino proposto il premio Nobel all’ideologo delle patatine di Sanluri, colui che propugnava rigore e zero mattoni.
Peccato. Peccato che fosse tutta una farsa ad uso e consumo della gratuita propaganda.
Provai in tutti i modi a dimostrarlo, con leggi alla mano, cercando di spiegare ai creduloni di turno che nient’altro era che un colossale bidone ai danni della Sardegna e dei Sardi.
Non era vero che le coste sarebbero state salvaguardate.
Non era assolutamente vero che ci sarebbe stato più rigore e buon senso. Spiegai che sarebbe stato l’esatto contrario. Non fui creduto. E restai solo a contrastare il presagio nefasto per lo sviluppo della Sardegna.
Il vecchio adagio dell’urbanistica che si interpreta per gli amici e si applica per i nemici divenne il motivo conduttore della farsa ambientalista.
Se sei amico ti consento tutto, se sei nemico tutto è vietato.
E lo spirito si rivelò subito compiuto a Villasimius. Nella costa, anzi, sul mare.
A 500 metri dalla battigia? A due chilometri? No! In spiaggia. Si, in spiaggia.
Ogni ambizione impreditoriale su quella costa, a prescindere dalla bontà o meno dell’insediamento, veniva cassata in partenza. Non si può fare niente.
Tutto vietato tranne demolire una villa sul mare e ricostruirla senza pudore, con volumi rimaneggiati radendo al suolo 1500 piante e precludendo una spiaggia pubblica per farne un uso esclusivo e privato.
Qualche multa ma niente più. Potere del dormiveglia. O del dormi solo!
Non se ne fece niente. Ritirate querele, omesse le denunce.
Sul versante opposto a quello di Villasimius, nel crocevia tra Montevecchio e Ingurtosu, terra promessa per minatori e foreste incontaminate si consuma l’altro scempio.
Sempre il re delle patatine n’è ancora una volta protagonista. Indiscusso.
Nel 2004, alla vigilia delle elezioni regionali, il signorotto di Seddori inciampa casualmente in un affare da mille e una notte. Per caso acquista una costa intera, dove non si può far niente. E sempre casualmente tra quelle spiagge infinite e promontori esclusivi incombe, guarda caso, un edificio storico, la colonia dei bambini dei minatori.
Le clausole della compravendita sono aria fritta visto che il comune di Arbus le ignora, e la regione pure.
C’era sostanzialmente scritto: se entro 5 anni l’edificio non viene recuperato il bene deve essere acquisito dal Comune di Arbus.
Sono passati 14 anni, quell’edificio caduto a pezzi è sempre lì, in attesa di passare nel patrimonio pubblico, come scrivono gli atti notarili.
Lo denuncio da 9 anni ma gli interessi sono tanti e tali che nessuno osa far rispettare la clausola notarile.
Anzi, si fa di peggio. Nell’alveo della norma che si interpreta per gli amici alla fin dei conti il “re delle patatine” otterrà la tanto agognata concessione edilizia.
Demolire e ricostruire, sul mare. Albergo e suite, ciò che sarebbe stato vietato a qualsiasi comune mortale sarà assentito al fu mister Tiscali.
Ma questa volta il libero arbitrio sfocia nella spregiudicatezza più assoluta.
L’albergo perderà qualche piano e la volumetria sarà destinata alle Suite.
Sì, Suite, perché ad Arbus ville e villette si chiamano Suite. Giusto per confondere le acque, anzi i volumi.
Nessuno parla. E’ ovvio, governano comune e regione e la speculazione di Funtanazza diventa argomento da sviluppo e occupazione.
Peccato che la storia si ripeterà.
Adesso quella concessione finirà sul mercato: * Vendesi costa sarda con progetto approvato per albergo e villesuite*.
Aspettando sviluppo e occupazione.
E nel frattempo il consiglio regionale affronta l’ennesima legge urbanistica, ancora una volta quella che interpreta per gli amici e si applica per i nemici.
Guarda caso a fine legislatura, come si conviene a chi deve lasciare il palazzo e mettersi in affari.
La contrasteremo in ogni modo, se mai la faranno.
Non hanno visione dello sviluppo, ignorano l’etica dell’urbanistica, impongono le mani sulle volumetrie.
Misurano ancora, come negli anni ‘70, lo sviluppo in metri cubi, ignorano l’esigenza di misurare gli insediamenti sulla qualità e non sulla quantità.
Oggi occorre una svolta pianificatrice dove si deve misurare oggettivamente l’impatto ambientale, capace di integrarsi con uno sviluppo armonioso e virtuoso della nostra terra.
Serve un up grade dell’esistente, serve migliorare ciò che esiste, renderlo compatibile con i nuovi mercati ricordandosi che la Sardegna è esclusiva, unica e irripetibile.
No alle leggi farneticanti che bloccano tutto e favoriscono gli amici di partito, sì ad uno sviluppo armonico che sappia valorizzare la qualità a scapito della quantità.
No agli affari sulla testa della Sardegna, Sì ad una pianificazione di regole e diritti, che salvaguardi la Sardegna e la sappia valorizzare al meglio, con i Sardi protagonisti.