E se il mio tablet non avesse inavvertitamente immortalato quelle immagini? se la divina provvidenza non avesse impresso le voci dei protagonisti su quella celluloide digitale cosa ne sarebbe stato della mia denuncia sul deposito di scorie radioattive dentro il poligono di Teulada?
Semplicemente lapidato, in pubblica piazza.
Dalla Pinotti di turno all'ultimo dei generali l'arringa sarebbe stata semplice: Pili racconta balle, non esiste nessun deposito, nessun missile radioattivo, le bonifiche procedono speditamente, il poligono è un'oasi di natura e benessere!
Vi è andata male! E' bastato un forellino di 0,5 millimetri per farvi saltare i giochi. I soliti giochi. Nascondere, denigrare, attaccare, distruggere colui che considerate l'avversario, colui che vorrebbe farvi saltare i giochi con i produttori di armi consumati da tempo sulle spalle e sulla vita dei militari e dei civili.
Vi è andata male perchè non avete avuto il tempo di organizzarvi, non avete avuto il tempismo ferragostano per nascondere tutto.
Avete sfidato la fortuna. Avete pianificato la linea del "gli facciamo vedere quello che vuole vedere, gli vietiamo le immagini e poi se dice la verità lo demoliamo".
Del resto una telefonata autorevole di un ministro in una redazione vale molto di più un deputato senza padrini e padroni.
I metodi sono stati, anche questa volta,i soliti: manipolare, plasmare l'informazione da dare all'esterno.
Le immagini, le voci di comandanti e supporter nucleari, però, sono rimaste impressionate nel tablet con lo scalpello dell'inappellabilità.
Una confessione scandita dai toni celestiali e rassicuranti: là dentro ci sono scorie che tutt'al più superano del doppio o del triplo la soglia di rischio.
Riavvolgo il nastro per un attimo. Ho sentito bene? Ha detto il doppio o il triplo della soglia di rischio? Si!
Sono marcato stretto, non posso guardare se il marchingegno che ho sotto il braccio sta imprimendo tutto sul vinile digitale ma di certo mi rendo conto che si tratta di vere e proprie confessioni, senza appello.
Il candore raggiunge il massimo della varecchina quando l'esperta afferma: vengo una volta ogni sei mesi. In due anni e mezzo, cinque volte.
Come controllo per un deposito temporaneo di scorie radioattive non c'è male.
Non si preoccupi onorevole, avalla il comandante, adesso provvediamo allo smaltimento. Dopo 30 mesi, dicasi trenta!
Le immagini si commentano da sole. La sicurezza di quello stabile è un giro di chiave che non si riserva nemmeno alla gabbia dei criceti, la porta di cartone è consunta dall'incedere dei topi.
Tutto regolare, aggiunge uno dei responsabili. I fusti radioattivi, soggiunge, sono a dieci metri di distanza. Come se i metri fossero chilometri e se la lunghezza di quel muro si fosse di colpo raddoppiata. Nemmeno con una misurazione in metri rispettano il codice dell'attendibilità.
Il video, dunque, doveva essere vietato.
Per quale atavico e remoto motivo i sardi non avrebbero dovuto vedere quelle immagini? Dove sta il segreto d'ufficio o di Stato?
Bisognava tenere segreto o nascondere? Il sottile confine tra la vergogna e la spregiudicatezza si è letteralmente sovrapposto alla cialtroneria.
Non importa se lo Stato farà quadrato e mi farà scontare qualche pena.
Del resto ci sono abituato. Non sarà né la prima e nemmeno l'ultima volta che come dice qualcuno "mi ficco nei guai".
Del resto potevo fregarmene anche io, come qualche cialtrone che, affacciato alla finestra, gode delle prebende e dei favorini di palazzo.
C'è in ognuno di noi qualcosa che vale sempre di più: la nostra coscienza.
Vale mille volte di più di un favore, di un privilegio, di una carriera. Farla retrocedere significa perdere il rispetto prima di tutto di se stessi.
Non so quale stratagemma si inventeranno per impedirmi di continuare ad alzare il velo su questi misfatti di Stato, ma un fatto è certo non mi arrendo.
E al ministro della difesa vorrei dire: la prossima volta mi occupo di tutto quello che avete sotterrato. Impunemente, vergognosamente e scandalosamente!